L'ortoressia (dal greco orthos -corretto- e orexis -appetito-) viene definita come una forma di attenzione abnorme alle regole alimentari, una sorta di "fame del cibo più sano". Steven Bratman, autore di "Drogati di cibo sano", ne ha coniato il termine nel 1997. Sul suo sito www.orthorexia.com/about/ Bratman ci tiene a sottolineare che non ha mai sostenuto che il vegetarianesimo, il veganesimo o altri approcci al cibo sano siano per forza correlati a un disturbo dell'alimentazione. Èinteramente d'accordo col fatto che il problema dell'addizione al cibo spazzatura è immensamente più serio dell'eccessiva ossessione per il cibo sano.
Emerge immediatamente un'importante avvertenza riguardo a queste etichette che stigmatizzano facilmente le persone e la distinzione tra sano e malato trova un senso solo se si pensa alla funziona che una determinata diagnosi riveste.
Riteniamo importante sottolineare che una scelta consapevole non dev'essere demonizzata e che se questa nuova categoria è candidata (attualmente non ancora riconosciuta ufficialmente) ai manuali diagnostici internazionali, è per far prendere consapevolezza di una serie di rischi legati a condizioni di disagio grave, legate ANCHE e non solo, ai comportamenti alimentari.
Ricordiamo che secondo l'American Psychiatry Association, anche il lutto è una condizione patologica che necessita di cure, perché dal momento che lo si può trattare (con farmaci antidepressivi), è pertinente secondo gli psichiatri di questa associazione, apporre la giusta diagnosi. Il DSM-5 rende patologici delle normali sofferenze umane.
Il 7 gennaio 2013, nel suo articolo "Ultimo appello al DSM-5", il dr. Frances scrive: "proteggete la sofferenza dalle grinfie dell’industria farmaceutica. Far diventare la sofferenza umana una malattia mentale sarà LA MANNA per l’industria farmaceutica ed una carneficina per chi soffre. È una decisione autodistruttiva per lo stesso DSM-5 ed inoltre mina la credibilità dell’APA. La Psichiatria non dovrebbe disconoscere la normalità».
Nel DSM-4, che Frances ha aiutato a creare, c’era la cosiddetta «esclusione del lutto» che stabiliva la NON diagnosi di disturbo psichiatrico di depressione nel caso di sofferenza per la perdita di persona amata, anche se accompagnata da sintomi di depressione. Prima del DSM-5, l’APA aveva riconosciuto che avere dei sintomi di depressione nel soffrire la perdita di una persona amata fosse una cosa normale e NON una malattia. Oggi invece, una normale sofferenza umana accompagnata da sintomi riconducibili alla depressione, porta invece alla diagnosi di depressione.
È in questo contesto che una qualsiasi diagnosi viene oggi discussa e accettata con molta difficoltà, ma ci prenderemo l'impegno di parlare oggi di presunta ortoressia, premettendo che ci posizioniamo solo per quei casi gravi e invalidanti ed esiste una realtà sociale e culturale che non possiamo permetterci di ignorare, pur conoscendo le posizioni secondo noi discutibili dei medici psichiatri americani.
Laura Dalla Ragione ("l'inganno dello specchio"), psichiatra referente per il ministero italiano della salute per i disturbi alimentari, stima che gli ortoressici sono 300 mila in Italia (da 3 milioni di pazienti con disturbi alimentari). Quasi la metà a suo avviso può evolvere in anoressia restrittiva e oltre il 40% sarebbero uomini.
La prevalenza varia tra il 0,9 % e il 6,9 % (Bartrina, 2007; Donini et al., 2004), perciò è difficile ignorarla soprattutto se si pensa alla prevalenza degli altri disturbi alimentari repertoriati nel DSM-Iv-TR, cioè 0,5 %-1 % per l'anoressia, 2 %-3 % per la bulimia e 2-3,5 % per l'iperfagia (Hudson et al., 2007).
In Health Food Junkies, Bratman presenta dei quiz per diagnosticare l'ortoressia attraverso alcuni sintomi tipici. Eccone alcuni: spendere più di tre ore al giorno a pensare al cibo, pianificare il menù del giorno dopo, mangiare perché fa bene piùche per gusto, ridurre la qualità della propria vita man mano che aumenta la supposta qualità della dieta, diventare piùrigidi verso se stessi, innalzare la propria autostima per quello che si mangia e disprezzare le persone che non seguono un regime alimentare rigido. E ancora: evitare il cibo che piace per mangiare quello più giusto, seguire una dieta che rende difficile mangiare fuori, sentirsi in colpa e disprezzarsi se si mangiano cose che non rientrano nei canoni della dieta abituale e, infine, avere il controllo di se stessi solo se si mangia nel modo ritenuto corretto. Se due o tre delle affermazioni precedenti sono in sintonia con il vostro modo di pensare allora soffrite di una forma lieve di ortoressia, se invece sono quattro o più significa che dovete avere un rapporto con il cibo più rilassato. Se tutte le affermazioni precedenti vi trovano d'accordo allora significa che siete ossessionati dal cibo.
Giulia Anna Aldi, ricercatrice dell'Università di Firenze, scrive:
Donini e colleghi (2004) hanno valutato la prevalenza dell’ortoressia nervosa in Italia: su 404 soggetti inclusi nella ricerca, il 17.1% (n= 69) è stato definito “fanatico della salute”, mentre il 6,9 % (n=28) è risultato corrispondere ai criteri definiti dagli autori per fare diagnosi di Ortoressia Nervosa (presenza di comportamenti di selezione del cibo, sintomi fobici e ossessivo-compulsivi riguardo al cibo). La prevalenza del disturbo è risultata maggiore tra gli uomini piuttosto che tra le donne (11.3% vs 3.9%). Questo dato può essere spiegabile con la crescente diffusione di stereotipi culturali legati alla forma fisica maschile ed è in accordo con i dati relativi ad un altro recente disturbo prevalentemente maschile, la vigoressia o preoccupazione cronica di non avere un corpo sufficientemente muscoloso.
Donini e colleghi (2005), dell'Università La Sapienza di Roma, hanno sviluppato il test ORTO-15, uno strumento per fare diagnosi di Ortoressia Nervosa. Si tratta di un questionario auto-somministrato composto da 15 item che valutano la presenza di comportamenti ossessivi relativi a selezione, acquisto, preparazione e consumazione dei cibi considerati salutari (ad es.:“ Quando entri in un negozio di alimentari ti senti confuso?”; “Sei disposto a spendere di più per avere cibi più sani?”; “Pensi che la convinzione di mangiare solo cibo sano aumenti la tua autostima?”). Ciascun item è valutato su una scala Likert a 4 punti (sempre, spesso, a volte, mai) in cui i comportamenti a rischio ricevono punteggio 1 e i comportamenti normali punteggio 4; un punteggio al di sotto di 40 è considerato indice di ortoressia.
Da qualche tempo in letteratura si è aperto un dibattito sulla natura dell’ortoressia: si tratta di un vero e propriodisturbo del comportamento alimentare (DCA), di una condotta patologica nei riguardi del cibo oppure di un sotto-tipo di disturbo ossessivo-compulsivo (DOC)? Alcuni autori, infatti, (ad es., Mac Evily, 2001), sostengono che il motivo per cui l’ortoressia non è stata per il momento inserita all’interno dei DCA è legato al fatto che ci sono alcune differenze tra Ortoressia Nervosa e anoressia o bulimia. In particolare, l’esordio dell’Ortoressia Nervosa non sembra legato ad una bassa autostima, come accade invece frequentemente nei DCA; inoltre, la natura delle ossessioni del soggetto ortoressico non riguarda il peso o la forma corporea, ma la purezza degli alimenti; infine, pare che l’Ortoressia Nervosa si possa trasformare in anoressia o bulimia quando la dieta si fa eccessivamente restrittiva e compulsiva. Altri autori (ad es., Catalina Zamora et al., 2005) sottolineano invece le somiglianze tra soggetti ortoressici e soggetti con DCA, in particolare anoressici, come ad esempio la presenza di elevato perfezionismo e bisogno di controllo, rigidità, meccanismi fobici e ipocondriaci. Anche la relazione tra ortoressia nervosa e DOC appare interessante; infatti, sembra che le persone che soffrono di DOC abbiano elevate tendenze ortoressiche (Arusoĝlu et al., 2008).
Come si cura l’Ortoressia Nervosa? Ci sono evidenze di buoni risultati per trattamenti che combinano la psicoterapia cognitivo-comportamentale con farmaci inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) (Bryteck-Matera, 2012). In generale, il trattamento dell’ortoressia dovrebbe avvalersi di un’equipe multidisciplinare composta da psicoterapeuti, medici e dietisti; dovrebbe essere pensato per rispondere alle specifiche esigenze della popolazione ortoressica e dovrebbe porsi come obiettivo quello di insegnare alla persona a mangiare (bene) senza che questo costituisca un’ossessione, lavorando non solo con il soggetto, ma anche con l’ambiente che lo circonda (ad es., familiari). Per fortuna, sembra che i soggetti ortoressici rispondano meglio alle cure rispetto a soggetti con DCA, probabilmente a causa di una maggiore compliance dovuta alla preoccupazione per la propria salute che caratterizza questo disturbo (Mathiew, 2005).
http://www.huffingtonpost.com/bruce-e-levine/dsm-5_b_2657667.html
https://www.ordrepsy.qc.ca/pdf/Psy_Qc_Sept2012_Dossier_02_Pilon_Gaudreau_Pollender.pdf
Bratman S. & Knight D. (2000). Health food junkies. New York; Broadway Books.
Brytek-Matera, A. (2012). Orthorexia nervosa-An eating disorder, obsessive- compulsive disorder or disturbed eating habit?, Archives of Psychiatry and Psychotherapy,14(1), Mars, 55-60.
Donini, L. M., Marsili, D., Graziani, M. P., Imbriale, M. & Cannella, C.(2004). Orthorexia nervosa: A preliminary study with a proposal for diagnosis and an attempt to measure the dimension of the phenomenon. Eating and Weight Disorders, 9(2), Juin, 151-157.